Dissesto idrogeologico: la situazione in Italia

Il territorio italiano è uno dei più fragili al mondo in termini di dissesto idro-geologico. Secondo ISPRA, l’8% del territorio nazionale è classificato a rischio frana elevato e molto elevato, mentre l’8,1% fa registrare una pericolosità idraulica media. In totale abbiamo quindi circa un 16% in termini di superficie e l’88,3% di comuni coinvolti in termini di numero.

Un recente studio di Legambiente afferma che dal 2010 alla fine di agosto 2017 in Italia si sono registrati 252 eventi meteo catastrofici. Disastri che hanno causato la morte di oltre 145 persone e l’evacuazione di oltre 40.000. Un’ecatombe che ha un costo notevolissimo: tra il maggio 2013 e il dicembre 2016 per 56 casi di stato di emergenza sono stati accertati danni per circa 7,6 miliardi di euro per patrimonio pubblico, privato e attività produttive. Campania, Emilia Romagna, Abruzzo, Toscana, Liguria e Marche sono state le zone più colpite.

Fonte: Rapporto 2017 di Legambiente “Ecosistema a rischio

Le cause che stanno dietro a questi dati sono molteplici. Da un lato abbiamo un territorio geologicamente “giovane” e quindi più instabile e soggetto a cambiamenti (i geologi stimano che su circa 700 mila frane in Europa, 530 mila riguardano località italiane); inoltre, il mutamento degli eventi piovosi, per cui fenomeni di breve durata e forte intensità si verificano con frequenze sempre maggiori, favorisce l’incremento del rischio.

Dall’altro lato si verifica un forte impatto dell’uomo sull’ambiente. L’Italia ha il record europeo a livello di impermeabilizzazione dei suoli naturali: un aumento dell’8,8% tra il 2001 e il 2011, contro una media europea di 4,3%. Questo è accompagnato da una generale mancanza di pianificazione degli interventi e di studio delle misure preventive per la mitigazione degli impatti. Se consideriamo, inoltre, che la densità media abitativa della nostra penisola è piuttosto elevata, si comprende come il numero di persone esposte al rischio sia piuttosto importante. Valutando l’emergenza in termini economici, la mancata prevenzione è costata dal 1945 una media di circa 3.5 miliardi (siamo tra i primi al mondo). Oltre a questo, dal 1950 ad oggi si contano quasi 5.500 vittime in oltre 4.000 tra frane e alluvioni.

A livello politico un primo passo avanti è stato fatto con la struttura di missione #ItaliaSicura, che ha contribuito all’identificazione delle principali criticità a livello di ciascuna regione (circa 9 mila interventi definiti “necessari e prioritari”) e alla definizione delle risorse economiche per fare fronte ai cantieri previsti, nonché alla semplificazione delle procedure decisionali. Tuttavia, secondo il CNI, ad oggi solo il 5% dei progetti individuati è in fase esecutiva (necessaria per avere la certezza del finanziamento), per cui la distanza rispetto alla sicurezza reale dei territori resta comunque importante.

È di fatto impossibile eliminare completamente il rischio, poiché la Natura rimane comunque imprevedibile, così come non è concepibile evitare l’esecuzione di interventi infrastrutturali necessari allo sviluppo o al benessere di una comunità. È fondamentale però introdurre a livello decisionale il principio di prevenzione e mitigazione del rischio, in maniera da minimizzare l’impatto dell’intervento sia sull’ambiente sia sull’uomo.